27 dicembre 2009

In memoria del paraluce

Sveglia ore 5.45: si va sul Baldo a fotografare l'alba e poi ci si incontra con gli altri per andar su al Fiori del Baldo, giusto per far due passi coi "matti" amici del Beppe, quelli della spedizione sul Mera Peak. Immagino dal versante orientale... e invece no, da Prada... Risultato: abbiam vagato per due ore per trovare un posto decente e siam arrivati alle 8 dietro il ristorante Casa degli Spiriti, un paio di tornanti sotto San Zeno, quando ormai era tardi... Dovevo aspettarmi che sarebbe successo, da questa prima disfatta...


E pure la prima scivolata sulla neve ghiacciata poco sotto il rifugio doveva ricordarmi di mettere via la macchina fotografica e tirarla fuori solo quando necessario! ...ma ci stavo prendendo terribilmente gusto...



Allora, a pochi passi dall'auto, in piano, camminavo allegramente senza badare al suolo quand'ecco che il mio piede sinistro ha perso completamente tutta l'aderenza fornita dal Vibram sull'erbetta di fine anno impreziosita dal ghiaccio notturno. Istintivamente ho provato ad alzare il braccio destro per proteggere la macchina ma neppure il gonfiore che mi ritrovo sul gomito è servito a salvare il paraluce dallo spezzarsi rovinosamente... e pure il corpo della fida 450D s'è graffiato... Fortunatamente l'obiettivo, il mio bellissimo 24-105 f/4L è rimasto illeso grazie al generoso sacrificio della coroncina di plastica foderata di velluto che serviva a proteggerlo dai raggi laterali!

Foto di gruppo, e non di tutto

Epitaffi a parte, è stata una bellissima giornata, dal punto di vista meteorologico ma, soprattutto, per la compagnia!

14 dicembre 2009

Valzer

M’ha sempre fatto schifo dover impugnare il palo in autobus. Lo stesso palo cui si aggrappano tutti. Proprio tutti. Compresi quelli che si son appena grattati la pancia sbagliando di poco la mira. Compresi quelli che han appena sistemato il vaso dei fiori, senza guanti, e poi son usciti di corsa per andare ad acquistare altro concime. Compresi quelli che han appena mangiato uno di quei panini che ti chiedi se l’ingrediente principale sia l’unto in genere, ovviamente di dubbia provenienza. Da piccolo, allora, mi divertivo a surfare l’autobus. Per prima cosa bisogna piazzare le gambe il più largo possibile, in maniera tale da abbassare maggiormente il baricentro, direi ora. Ma anche per contrastare, spostando il peso, ogni movimento. E ogni dosso, ogni buca, ogni curva erano le mie onde. Purtroppo crescendo ho sviluppato eccessivamente un senso accessorio, quello del pudore. Mi sembra sconveniente. Allora cerco sempre il modo di rimanere appoggiato con la schiena, su un lato o in fondo. E se va male appoggio una spalla su un palo. Si sporca appena appena la giacca. Non io… Idiota, profondamente idiota, questo ragionamento. Le mani le lavo almeno due pasti più una due volte al cesso fa quattro, nel nostro sistema matematico. La giacca la lavo ogni… tanto… ma la metto tutti i giorni… Però la giacca rimane esterna… Non me la mangio per una qualche nevrosi mal affrontata. Ecco, ha pure senso la cosa.
Dicevo, appoggiato al palo, devo comunque continuare ad assecondare le tempestose onde del bus. Allora sposto un passo avanti quando frena. Uno indietro nelle accelerate un filo troppo brusche. Leggermente a sinistra quando la svolta è da tutt’altra parte e viceversa. Andare in università, quando non posso farlo in bici, mi costringe a ballare questa danza tutta mia.