14 dicembre 2009

Valzer

M’ha sempre fatto schifo dover impugnare il palo in autobus. Lo stesso palo cui si aggrappano tutti. Proprio tutti. Compresi quelli che si son appena grattati la pancia sbagliando di poco la mira. Compresi quelli che han appena sistemato il vaso dei fiori, senza guanti, e poi son usciti di corsa per andare ad acquistare altro concime. Compresi quelli che han appena mangiato uno di quei panini che ti chiedi se l’ingrediente principale sia l’unto in genere, ovviamente di dubbia provenienza. Da piccolo, allora, mi divertivo a surfare l’autobus. Per prima cosa bisogna piazzare le gambe il più largo possibile, in maniera tale da abbassare maggiormente il baricentro, direi ora. Ma anche per contrastare, spostando il peso, ogni movimento. E ogni dosso, ogni buca, ogni curva erano le mie onde. Purtroppo crescendo ho sviluppato eccessivamente un senso accessorio, quello del pudore. Mi sembra sconveniente. Allora cerco sempre il modo di rimanere appoggiato con la schiena, su un lato o in fondo. E se va male appoggio una spalla su un palo. Si sporca appena appena la giacca. Non io… Idiota, profondamente idiota, questo ragionamento. Le mani le lavo almeno due pasti più una due volte al cesso fa quattro, nel nostro sistema matematico. La giacca la lavo ogni… tanto… ma la metto tutti i giorni… Però la giacca rimane esterna… Non me la mangio per una qualche nevrosi mal affrontata. Ecco, ha pure senso la cosa.
Dicevo, appoggiato al palo, devo comunque continuare ad assecondare le tempestose onde del bus. Allora sposto un passo avanti quando frena. Uno indietro nelle accelerate un filo troppo brusche. Leggermente a sinistra quando la svolta è da tutt’altra parte e viceversa. Andare in università, quando non posso farlo in bici, mi costringe a ballare questa danza tutta mia.

1 commento:

Zanna ha detto...

Quasi commovente....








quasi...